Teologo moralista e gesuita spagnolo. Aperto alle nuove tendenze della sua
epoca, partecipò alla controversia che opponeva i gesuiti ai cattolici
intransigenti che li accusavano di rendere la religione facile da raggiungere e
da osservare. Tale controversia si accentrava sull'interpretazione gesuitica
della casistica cattolica, dettata dalla volontà di giustificare la
prassi di un'epoca ormai lontana dagli ideali morali e dalla vita medioevale,
così da adattare la struttura morale cristiana alle nuove situazioni ed
esigenze. Tale casistica aveva fatto sorgere la questione di quanto libero fosse
l'uomo nelle sue azioni e, di conseguenza, quale fosse la relazione tra il
libero arbitrio e la salvezza. Il problema venne trattato dai libri di casistica
destinati ai padri confessori e i più importanti furono quelli scritti da
E. Il suo famoso
Liber theologiae moralis (1644) fu
successivamente sviluppato e pubblicato in edizione definitiva in sette volumi,
sotto il titolo:
Universae theologiae moralis receptiores absquelite
sententiae (1652-53). L'opera raggiunse varie edizioni e si attirò la
famosa invettiva di Pascal nelle
Lettere Provinciali, contro la morale
rilassata e accomodante dei gesuiti. Secondo le tesi sostenute da
E.,
ciò che nell'uomo è legato alla natura più propriamente
umana può a volte sbagliare e deve essere perdonato. Questa posizione
contrastava con quella giansenista, secondo cui l'ignoranza non rende meno grave
e scusabile il peccato. Inoltre, secondo la tesi di
E., un'azione retta
doveva essere giudicata non solo tenendo conto del suo contenuto, ma anche del
fine e delle corcostanze: se si aveva qualche incertezza, a proposito di
un'azione, si doveva consultare il padre confessore (Valladolid 1589-1669).